“Mamma ma scusa, se in Cina tutti i Cinesi si mettessero a saltare tutti insieme, cosa succederebbe alla terra?”.
Ricordo un giorno di maggio, quando in piena pandemia Covid 19 si rimaneva tutti in fila distanziati con la mascherina davanti al negozio di telefonia mobile.
Una signora con due bambini , uno di 9 anni e l’altro di 6, aspettava pazientemente il suo turno prima di me.
L’attesa era lunga e faticosa data la situazione e i bambini cominciavano a dare segni di insofferenza.
Ad un certo punto, il più grande di punto in bianco si rivolge alla madre: “Mamma ma scusa, se in Cina tutti i Cinesi si mettessero a saltare tutti insieme, cosa succederebbe alla terra?”.
La madre aveva risposto un po’ infastidita “Ecco, ma dai, lascia stare, stai buono!”. Il bambino era rimasto male e si era un po’ incupito richiudendosi in se stesso.
Ci ho pensato un attimo e poi non ho resistito. Così ho esordito: “Ma sai che hai fatto una domanda davvero interessante? Ci sto riflettendo da quando ti ho sentito parlare. Vorrei però capire cosa intendi…”.
Il bambino si era aperto in un’espressione tra l’incredulo e l’ammirato. Davvero qualcuno lo stava ascoltando? La signora di fronte aveva colto con la sua stessa urgenza quella stessa curiosità? “Intendi riferirti all’effetto che se tutti saltassero avrebbero sul pianeta in termini di spostamento per esempio del suo asse o di cambiamenti rispetto al suo movimento? Oppure stai pensando a come farebbe la terra ad assorbire il colpo del salto e dove questa energia potrebbe poi sfogarsi sulla crosta terrestre e come ciò potrebbe avvenire?”.
La madre mi guardava esterrefatta e, dopo un primo momento, la sua reazione venne arricchita dall’ipotesi che suo figlio aveva potuto dimostrare una qualche forma di intuizione sensata e profonda. La cosa, evidentemente, le fece avere un moto d’orgoglio materno.
Il bambino senza bisogno di alcun aiuto aveva allora spiegato: “Intendo che effetto possa avere sulla crosta terrestre e sul mare, perché a scuola abbiamo fatto i terremoti e allora…”.
“Fantastico!”, avevo risposto: “Beh, allora parliamo dell’elasticità della terra e dell’assorbimento di una forza che si chiama….”. Io e Luca avevamo formulato un’ipotesi ovviamente non esaustiva del fenomeno, ma per noi accettabile.
Mi ero complimentata con la mamma che ne era rimasta compiaciuta. “Non smettere mai di farti queste domande interessanti”, gli avevo raccomandato: “le grandi scoperte nascono dai curiosi.”
Lui, in tutta risposta si era lanciato: “Io ne ho ancora tante domande interessanti, me ne faccio continuamente. Le vuoi sentire?”.Ricordo ancora i suoi occhi accesi di entusiasmo.
Forse non incontrerò più Luca da nessuna parte, ma mi piace pensare che quella scintilla rimanga in lui custodita e rinvigorita dalla signora strana che vedeva saltare i suoi Cinesi.
Essere genitori è il mestiere più difficile del mondo, il più appassionante e arricchente possibile, ma spesso impegnativo e di sicuro totalizzante.
La famiglia è una realtà sistemica e dinamica. Anche avere un figlio gifted rappresenta una criticità inaspettata che può richiedere al genitore di ridisegnarsi e ridisegnare il sistema di parenting e di famiglia. Può generare grandi momenti di appassionante confronto, un arricchimento umano ed emotivo gratificante, ma anche maggiori conflitti e tensioni.
Quando i genitori si trovano di fronte alla possibilità che il proprio figlio sia plusdotato, è probabile che sperimentino un momento di confusione (anche di sollievo, successivamente) perché affrontano nuovamente il processo di metabolizzazione della differenza tra il bambino immaginario (quello che avevano pensato sarebbe stato il loro figlio) e il bambino reale (il bimbo che si esprime e si fa conoscere man mano che cresce nelle sue infinite capacità e peculiarità).
Si possono percepire come impreparati a crescere un bambino con caratteristiche diverse da quelle comunemente attese e possono non sentirsi in grado di poter garantire una stimolazione intellettuale e le risorse educative necessarie ad aiutare un bambino gifted affinché sviluppi ed esprima le proprie particolari capacità.
E’ anche possibile che i genitori considerino l’alto potenziale del figlio come una risorsa per migliorare gli aspetti di status socio-economico familiare, atteggiamento deleterio perché la pressione eccessiva esercitata allo scopo di adattare la performance alle aspettative dei genitori, può innescare prevedibili meccanismi di sottorendimento per la destabilizzazione conseguente del ragazzo.
Possono subentrare ed essere evidenti anche difficoltà nella gestione della frustrazione e delle regole, o una affaticata sensazione di accettazione di un mondo non educato al rispetto. La forma più equilibrata e costruttiva di affrontare la plusdotazione in un figlio è la visione intenzionale del genitore educante e accudente.
Accettare il figlio reale significa abbracciare in toto l’esperienza più appagante che esista nella crescita di un genitore adulto e del proprio figlio: essere testimoni partecipi quando il proprio bambino esprimerà le proprie risorse personali e trasformerà il talento in dono ed il dono in competenza, diventando la persona che è venuto ad essere in questo mondo.